Filippo Cantirami è il figlio perfetto di una facoltosa famiglia italiana. Una laurea in economia alla Bocconi con il massimo dei voti, un master ad Oxford e un dottorato a Stanford sono, o almeno dovrebbero essere, l'inizio di una promettente carriera. Davanti a lui una strada già tracciata, senza imprevisti né grossi ostacoli in vista.
O almeno così sembra fin quando qualcosa dentro Filippo si incrina e lui decide di fermarsi a riflettere, di chiedersi dove realmente vuole andare e infine di cambiare strada. Il tentativo di non deludere i propri famigliari lo porta però a crearsi, con la complicità di un amico, una doppia vita e a dare il via ad una serie di equivoci e di rocamboleschi e folli avvenimenti.
I fatti si svolgono in epoca attuale ma sono raccontati da un non definibile futuro, dando in questo modo al lettore anche la misura di certe attuali manie: "Era in atto, insomma, una vera e propria ridda esagitata di frequentazioni elettroniche tutto in giro per il pianeta: contatti, dialoghi, messaggi, post, link, tweet. Un incessante chiacchierio virtuale che produceva esaltati entusiasmi e prendeva ad ognuno, si può ben capire, una non indifferente quantità di tempo giornaliero. Si navigava in rete, e poco altro. Tutti, comunque e in ogni dove: al computer o al cellulare, in casa o in ufficio o all'aperto, poco importava. La conseguenza fu che vennero messi un po' da parte quei mondi mentali, quei puri luoghi dello spirito, della riflessione ovvero della speculazione squisitamente teoretica, che da sempre traggono giovamento proprio da ciò che è opposto all'orgia di relazioni, e cioè dalla solitudine e dall'assenza d'ogni contatto o distrazione che possa interrompere la concentrazione.
Mondi mentali che, essendo sempre esistiti, continuarono anche allora a esistere, ma furono un pochino accantonati, relegati in certi spazietti esigui, marginali e bui."
Un racconto a tratti surreale, che fa molto riflettere sul modo in cui ognuno di noi sceglie di vivere o viene in qualche modo guidato a vivere, la propria vita. E la domanda che viene da porsi nel leggere il libro è proprio questa: quanto di ciò che viviamo è una nostra scelta? Quanto invece un'imposizione della famiglia e della società?
Liberi da ogni condizionamento, posto che questo sia possibile, sceglieremmo davvero la vita che stiamo vivendo?
E nel momento in cui ci dovessimo accorgere che non è così, che la vita che conduciamo non è veramente "la nostra vita", che non ci appartiene e non ci fa sentire in pace con noi stessi, avremmo il coraggio di cambiarla e stravolgerla totalmente?
"Paura che si perda? No! Filippo non è uno che si perde. Gli dia tempo. Alcuni di noi per diventare quel che veramente sono, hanno bisogno di più tempo. Non vuol dire che siano difettosi... Vuol solo dire che nella loro vita alcune fasi saranno più lunghe. Non abbiamo mica fretta, le pare? Dove dobbiamo mai correre?"