Joyce non amava Dublino, men che meno la sua "gente", e questo è evidente dal quadro che emerge durante la lettura dei quindici racconti di cui si compone Dubliners.
Attraverso brevi narrazioni molto dettagliate, soprattutto per quanto riguarda la descrizione di ambienti e personaggi, Joyce mira a dare risalto alla paralisi morale nella quale ritiene sia immersa la popolazione della sua città natale. Paralisi che, per definizione, immobilizza, conferendo alle situazioni descritte, apparentemente molto diverse tra loro, la stessa atmosfera polverosa e decadente.
I protagonisti dei racconti si rendono in genere conto, ad un livello di consapevolezza variabile, di versare in uno stato di torpore e percepiscono talvolta, in se stessi, la voglia di fuga e di ribellione, che puntualmente tuttavia si perde in un'implosione di energia vitale, che li imprigiona nella passiva rassegnazione ad una vita monotona e poco soddisfacente.
"Osservò la scena e pensò alla vita – e come regolarmente gli succedeva quando pensava alla vita, diventò malinconico. Una tristezza dolce discese in lui. Sentì quanto era vano lottare contro la sorte – era questa la saggezza che i secoli gli avevano tramandato". (Una piccola nube)