De Silva Diego, Sono contrario alle emozioni

Book Cover: De Silva Diego, Sono contrario alle emozioni

Diego De Silva, o meglio Vincenzo Malinconico è sempre esilarante: sconclusionato al punto giusto salta di palo in frasca lasciando al lettore lo stesso smarrimento del protagonista, già conosciuto in due libri precedenti di De Silva: Non avevo capito niente e Mia suocera beve.

Per chi non lo conoscesse ancora, Vincenzo Malinconico è un avvocato che, superati i 40, si trova alle prese con problemi di vario tipo, sentimentali soprattutto, e con tutto ciò che ne consegue. In Sono contrario alle emozioni, De Silva mantiene il solito stile semplice e brillante ma più colloquiale del solito che ti fa sentire immediatamente a casa, d'accordo con Vincenzo nelle sue elucubrazioni, complice, empaticamente vicino. Anche quando si perde nelle lunghe disquisizioni e analisi quasi maniacali di alcuni testi di vecchie canzoni di Raffaella Carrà o Peppino di Capri, per le quali ha una passione viscerale.

E ci si ritrova a leggere i suoi vorticosissimi sproloqui, annuire alle conclusioni tratte e poi scoppiare in una risata spontanea. Perché Malinconico, seppur burbero, un po' imbranato e in uno stato emotivo precario, mantiene quell'autoironia inconsapevole che non c'è niente da fare, conquista sempre.

I vari capitoli del libro si susseguono senza un apparente filo logico passando dal racconto di sedute psicoanalitiche tragicomiche a dissertazioni argomentatissime su temi frivoli e a sarcastici dibattiti del protagonista con la propria coscienza, senza che questo disturbi minimamente e rendendo anzi la lettura, ancora più scorrevole e divertente, fino a desiderare di rallentarla verso la fine per procrastinare il saluto a Vincenzo di cui, dopo aver finito il libro, un po' si sentirà la mancanza.

"La macchina non è un mezzo di trasporto: è un avanposto di legalità, un luogo di rivendicazione ideologica, un territorio. È diritto privato che deambula liberamente, in concorso con altri diritti privati a quattro ruote che pure deambulano, ognuno maledettamente pieno di sé. L'ansia da sottomissione che sta dietro questa concezione antagonistica dell'automobile, il rifiuto preventivo di soccombere alla prepotenza degli altri, non può che partire dal presupposto che gli altri siano stronzi. Che io sia stronzo, per fare un esempio a caso."

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