Il giorno prima della felicità è il giorno più bello. Il giorno prima della felicità lo riconosci o, a volte, ti illudi semplicemente che lo sia.
Per breve che possa essere, è sempre difficile descrivere in poche righe un libro di Erri De Luca. Ogni parola, ogni frase, lascia intendere un mondo, scatena riflessioni e collegamenti, apre prospettive infinite. Regola che vale anche e soprattutto stavolta, nel quale viene rinchiusa in un modesto caseggiato di Napoli un'intera esistenza, quella dello "Smilzo", ragazzino orfano cresciuto da e con Don Gaetano, portiere dello stesso stabile.
Grazie ai suoi insegnamenti e racconti, il protagonista conoscerà, mescolati al sapore della pastepatate il gioco delle carte, il sesso e l'amore, la seconda guerra mondiale, di cui è figlio ed erede e, in una parola, la vita.
Da Don Gaetano apprenderà anche pochissime nozioni sulle sue origini, ma poco importano al giovane, che preferisce non saperne di più, e continuare a vivere come ha sempre fatto: come il figlio di nessuno.
Lo "Smilzo" è anche, per i compagni di gioco, "'a scigna", la scimmia, per la sua agilità nell'arrampicarsi sui balconi dei vicini a recuperare palloni volati troppo in alto, motivato soprattutto dalla voglia di esibirsi davanti ad Anna, ragazzina che lo osserva silenziosa da dietro un vetro, e che tornerà nella sua vita per turbarla gravemente fino a compiere, per difenderla, il gesto più estremo.
La forma de Il giorno prima della felicità è quella del diario scritto dal protagonista, iniziato nella preadolescenza e terminato all'inizio del suo viaggio/fuga in Argentina.
Così, le ultime righe scritte, chiudono metaforicamente anche la sua "formazione" e segnano il passaggio all'età adulta.
"Seduti su due sedie nel cortile guardavamo in alto dove finiva la città e cominciava chissà cosa, magari l'universo. Era vicino, una piazza segnata da un contorno di ringhiere. Don Gaetano guardava con le mani intrecciare e respirava profondo. Piegavo anch'io il collo all'indietro: il campo oltre i balconi si muoveva in cerchio, lentissimo eppure faceva girare la testa."